CHI E’ IL PODOLOGO E DI COSA SI OCCUPA
a cura di Bianca Cozzolino, dott.ssa in Podologia
La figura del Podologo è ancora poco conosciuta nella cultura comune della prevenzione; la cura del piede è ancora associata al vecchio concetto di “pedicure curativa” eseguita dal callista, una figura che si limita a trattare solo l’aspetto “cutaneo” della cura del piede, per esempio la rimozione delle callosità dolenti. Il Podologo ha invece una formazione che permette di dare un’ assistenza assai più completa; si parla infatti di “operatore sanitario in possesso di Laurea triennale in Podologia” che fa parte delle Professioni Sanitarie del campo della riabilitazione. Secondo il profilo professionale il Podologo cura il piede doloroso prevenendo e curando le ulcerazioni, trattando le patologie ungueali e ricorrendo a metodi incruenti quali ortesi plantari, ortesi digitali e kinesiterapia riabilitativa. Valuta inoltre l’aspetto biomeccanico del piede analizzando con varie strumentazioni (baropodometria, podoscopia, podoscanner) l’assetto reciproco e il movimento delle articolazioni, dando indicazioni sulla necessità o meno di un trattamento ortesico (plantare funzionale o di accomodazione). Questo tipo di valutazioni sono utili anche nel caso di problematiche legate alla pratica dello sport, poichè in quasi tutte le discipline sportive il piede è il perno, la leva o la molla che permette il gesto atletico. Prima di illustrare nello specifico come siano legate Podologia e Sport è necessario capire intanto il tipo di traumi a cui sportivi e non possono andare incontro.
POSSIBILI CAUSE DEL PIEDE DOLOROSO
Il trauma più frequente è quello di tipo acuto, legato più alla vita di tutti i giorni, ma che si può verificare ovviamente anche durante la pratica sportiva intensa; ne sono esempi le distorsioni di caviglia e le cadute. La caratteristica di questi traumi è l’avvertimento immediato del dolore e la perdita di funzionalità, cioè la capacità di compiere il movimento fisiologico senza sforzo.
Quando invece il dolore è dovuto alla ripetizione prolungata ed eccessiva di un movimento, che sia per sport o per il tipo di lavoro svolto, si parla di microtrauma. Il motivo del dolore non è il movimento singolo, che di per sè può anche risultare non doloroso, ma la sua ripetizione nel tempo. Si parla infatti di sindrome da overuse, cioè da “troppo uso”, e il dolore in questo caso si avverte anche dopo molto tempo che ha avuto inizio l’usura del tessuto. E’ il caso della fascite plantare che insorge in seguito a uno stress meccanico nei punti di inserzione della fascia (calcagno e teste metatarsali). Un altro esempio di microtrauma legato alla vita quotidiana è l’uso di una calzatura scorretta, troppo stretta o con tacco troppo alto che spinge il baricentro podalico in avanti e concentra il carico quasi interamente sull’avampiede.
Per concludere ricordiamo anche la postura come causa di dolore al piede: la scoliosi della colonna, una asimmetria a livello di bacino e addirittura problematiche odontoiatriche possono causare squilibri posturali che verranno compensati dal piede durante l’appoggio; se questo compenso non è efficace insorgerà il dolore.
IL DOLORE NELLO SPORTIVO: COME INTERVIENE UN PODOLOGO
Poniamo l’attenzione sul dolore dato da trauma sportivo: esso può essere dato sia da trauma acuto (distorsione, caduta..) sia da overuse. Questa sindrome in particolare colpisce una altissima percentuale di sportivi, amatoriali e non, soprattutto negli sport che richiedono resistenza prolungata nella ripetizione di uno stesso movimento; come esempio calzante abbiamo quello del maratoneta che durante la marcia atterra con il tallone sul terreno circa 600 volte in un solo kilometro. In questo caso tutta la fascia plantare dell’atleta è sottoposta a picchi continui di forza dal terreno che però daranno dolore solo dopo la fine della gara, o addirittura dopo alcuni giorni, agendo come una sommatoria e generando l’infiammazione. Il paziente che si presenta con questo tipo di problematica riferirà un dolore che si irradia da sotto la regione del tallone fino alla zona dell’avampiede, anche se i punti di dolore possono essere molto diversi da individuo a individuo. Il podologo interviene come prima cosa sulla gestione dell’infiammazione consigliando l’applicazione di ghiaccio e il riposo; dopo qualche giorno, quando il dolore sarà diminuito si può procedere con mobilitazioni articolari, applicazione di tape kinesiologico, stretching del complesso achilleo-plantare (tendine d’achille e fascia plantare) e, se ritenuto necessario in accordo con il paziente, si può progettare la realizzazone di un plantare apposito per prevenire il ritorno della sintomatologia.
Quando il trauma sportivo non è dato da overuse ma da trauma acuto incidentale si procede in maniera differente. Prendiamo come esempio una distorsione di caviglia: l’infortunio è improvviso, il dolore si avverte immediatamente e la persona non riesce più a camminare, correre o saltare. La caviglia si gonfia molto rapidamente e risulta calda al tatto, soprattutto in corrispondenza del malleolo esterno. Questo non è un caso poichè quasi il 90% delle distorsioni di caviglia avviene in inversione, cioè con un cedimento del piede sul lato esterno. Le ossa che formano l’articolazione della caviglia sono tenute in sede da molti legamenti; quelli sulla parte esterna sono di loro natura più fragili di quelli sul versante interno e tutto ciò provoca una maggiore incidenza degli infortuni in inversione. La prima cosa da fare è trattare i segni dell’infiammazione acuta: il gonfiore (o tumefazione, dal latino“tumor”), il dolore (dolor), il calore (calor) unito all’arrossamento (rubor) e la perdita di funzionalità (functio laesa). Si procede con delle applicazioni locali di ghiaccio giornaliere eseguite a intervalli regolari e un bendaggio contenitivo che limiti il movimento responsabile dell’infortunio; questo può essere eseguito con varie tecniche, una delle più conosciute è l’applicazione di tape kinesiologico che “contiene” la caviglia, permette una maggiore irrorazione sanguigna sulla zona e distende i recettori del dolore. E’ consigliabile tenere il più possibile il piede in scarico elevato, cioè che non poggi a terra nè in posizione seduta nè in piedi, per permettere all’edema (gonfiore locale dato dall’accumulo di liquido infiammatorio) di ridursi gradualmente.
Quando l’infiammazione e l’edema saranno sotto controllo si potrà procedere con la riabilitazione vera e propria, lavorando quindi sulla ripresa di funzionalità. In questa fase si fanno esercizi per recuperare i movimenti che verranno eseguiti sia dall’operatore che dal paziente, partendo da una posizione supina e passando gradualmente al carico completo sui due piedi. Si lavora anche sull’equilibrio, sulla propriocezione e sul rinforzo dei muscoli per evitare fastidiosissimi casi di recidiva dell’infortunio. Questo è il motivo per cui la fase di “rieducazione funzionale” non dovrebbe mai essere saltata, ma eseguita con pazienza e costanza per tutto il tempo necessario alla ripresa completa. Nel caso in cui il paziente sia un atleta la rieducazione funzionale sarà mirata soprattutto alla ripresa del gesto atletico e il lavoro sarà incentrato sulla propriocezione (la percezione del proprio corpo nello spazio) e sul rinforzo delle strutture muscolari e ligamentose. Anche in questo caso è consigliabile valutare la possibilità di confezionare un plantare funzionale su misura, mirato al controllo del movimento delle articolazioni per prevenire le recidive.
Questi due esempi di trattamento, fascite plantare da microtrauma ripetuto e distorsione di caviglia da trauma acuto, sono applicabili ad altri casi di infortunio nello sport o nella vita quotidiana. La cosa più importante è non tralasciare nessuna fase necessaria alla ripresa e permettere al corpo di guarire dal trauma nel modo più veloce, ma nello stesso più fisiologico possibile.
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