INTOLLERANZE ALIMENTARI E PRESTAZIONI SPORTIVE:
Dott.ssa Simona Lepore, Biologa Nutrizionista
Il tema delle intolleranze alimentari è noto a tutti: anche se non ne abbiamo perfetta conoscenza, quasi tutti sicuramente ne accusiamo qualcuna. La relazione tra salute e alimentazione è ormai riconosciuta ed è risaputo che il tipo di cibo che mangiamo, il modo e la frequenza con cui lo ingeriamo e lo associamo ad altri cibi ha riflessi importanti sul nostro benessere.
Esistono diverse classificazionilegate ai disturbi provocati dall’ingestione del cibo, una tra tutte quella proposta dalla European Academy of Allergology and Clinical Immunology, che introduce la distinzione tra reazioni tossiche e non tossiche. Le reazionitossiche, o da avvelenamento, sono causate dalla presenza di tossine nell’alimento e dipendono esclusivamente dalla quantità di alimento tossico che viene ingerito; un tipico esempio di reazione tossica è l’avvelenamento dovuto all’ingestione di funghi. Le reazioninon tossiche, invece, dipendono dalla suscettibilità dell’individuo e si suddividono in allergie eintolleranze.
Mentre per la reazioneallergica, che è immediata e acuta, è sufficiente il contatto con una minima quantità di allergene, per una reazione di intolleranza è necessaria una ingestione continuativa del nutriente incriminato verso il quale l’organismo diventa particolarmente sensibile e può manifestarsi fino alle 72 ore successive all’ingestione. Un’altra importante differenza riguarda la “cross-reattività”che è presente nella intolleranza, ma non nell’allergia. Pertanto nel primo caso si dovrà escludere l’intera famiglia dell’alimento (se, ad esempio, sono intollerante al pomodoro dovrò escludere tutti gli alimenti appartenenti alla famiglia delle solanacee), mentre nelle allergie viene escluso solo il singolo alimento e non l’intera famiglia di appartenenza. Anche il sistema immunitariorisponde in maniera diversa in presenza di un’allergia o di un’intolleranza. Nel primo caso viene stimolata la produzione di IgE che portano alla liberazione di istamina, causando così i sintomi tipici dell’allergia (shock anafilattico, eruzioni cutanee, etc.). Nelle intolleranze, invece, non c’è il coinvolgimento di meccanismi immunologici, ma queste possono essere determinate o dall’azione tossica di componenti alimentari che provocano danni alla parete intestinale oppure dall’incapacità dell’organismo di metabolizzare alcune sostanze presenti negli alimenti (intolleranze enzimatiche, come ad esempio quella al lattosio).
Accertato quindi che l’alimentazione influisce in modo preponderante sullo stato psico-fisico dell’individuo, ne deriva che a maggior ragione la dieta deve essere corretta e calibrata per gli sportivi, sia amatoriali sia professionisti, perché:
• migliora il rendimento;
• assicura la performance;
• aumenta la soglia della fatica;
• assicura il rapido recupero delle riserve energetiche.
La sola alimentazione non rende campioni, ma contribuisce in modo significativo a conservare e migliorare un’ottima condizione fisica. In questa ottica diventa imperativo individuare eventuali alimenti mal tollerati dall’organismo che, a lungo andare, potrebbero creare stati infiammatori generalizzati e disturbi di vario genere, e influenzare negativamente la performance dell’atleta. Il soggetto “intollerante” infatti può manifestare sintomi quali disturbi gastrici, diarrea, stipsi, asma, problemi vascolari, vomito, cefalea, astenia e attacchi di panico.
Recenti ricerche in ambito scientifico segnalano una netta relazione tra intolleranze, sovrappeso e prestazione fisica. Controllando l’assunzione di alimenti mal tollerati si può facilmente ridurre l’infiammazione indotta dagli stessi: questo ha, come diretta conseguenza, la diminuzione della presenza di radicali liberie il miglioramento della sensibilità insulinica con effetti benefici a cascata sul metabolismo.
L’alimentazione controllata e personalizzata, che tiene conto dei risultati del test delle intolleranze, da un lato toglie i fastidi causati dagli alimenti mal tollerati dando più energia e prontezza(particolarmente interessante, ad esempio, sembra essere la frequenza di patologie muscolari, quali strappi, stiramenti ecc. in atleti con intolleranza alle carni rosse), e dall’altro può ottimizzare la massa magracon conseguente miglioramento della prestazione atletica (si stima un miglioramento della performance muscolare di circa il 6%).
Al giorno d’oggi le intolleranze più diffuse e aggressive sono quelle alglutinee al lattosio. I dati sono impressionanti: circa 600mila persone in Italia sono affette da “morbo celiaco”, con un aumento del 10% ogni anno. Mentre per l’intolleranza al lattosio si stima che più della metà della popolazione ne sia colpita.
Attualmente per scoprire l’intolleranza al lattosio e la predisposizione alla celiachia esistono vari metodi validati scientificamente tra cui il Test Genetico. È un test non invasivo e di semplice esecuzione che prevede l’analisi del DNA prelevato tramite tampone buccale. Non ci sono limiti di età e si può richiedere in qualsiasi studio medico specializzato in nutrizione.
Per scoprire invece intolleranze diverse dal lattosio e dal glutine si utilizzano vari metodi non convenzionali: dopo un’attenta anamnesi del paziente, si stabilisce un periodo di esclusionedel presunto alimento incriminato, che ha come obiettivo quello di disintossicarsi, cioè di permettere all’organismo di “dimenticarsi” che quel particolare alimento è tossico. Successivamente si procede ad una fase di reintroduzione graduale dell’alimento, fino ad arrivare alla modifica del comportamento alimentare.
In conclusione, non solo esiste un riflesso diretto che determina riduzione di forza in presenza di un’intolleranza alimentare, ma anche una sorta di “furto di energia”che può spiegare i miglioramenti che si ottengono seguendo una dieta non solo corretta e bilanciata da un punto di vista nutrizionale e calorico, ma anche, e soprattutto, rispettosa delle intolleranze alimentari. Numerosissime sono le esperienze di sportivi di ogni livello in cui l’eliminazione delle intolleranze ha determinato una netta riduzione delle patologie infiammatorie e traumatiche.
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